Arance, produzione in calo dal mercato siciliano

Arance, produzione in calo

Sempre più apprezzate anche in Trentino, le arance di Ribera rappresentano una delle specialità tra gli agrumi della Sicilia, e vero e proprio biglietto da visita per l’intero comparto. Una produzione che non dovrebbe far mancare il proprio contributo anche nel corso dei prossimi mesi, sebbene non manchino gli aspetti di preoccupazione legati all’esito delle campagne commerciali del comparto agrumario in alcune delle regioni maggiormente produttrici in tuta la Penisola, come – appunto – il territorio siciliano.

In particolare – affermano gli ultimi dati a disposizione – il segmento del complesso varietale NavelWashington avrebbe fatto cedere il 35% della propria produzione, con un conseguente incremento dei prezzi di mercato. L’effetto finale? Il rischio è che per poter compensare la domanda ed esercitare una concorrenza basata essenzialmente sul prezzo, arriveranno sul mercato italiano delle produzioni straniere e, in particolar modo, spagnole, in quantitativi probabilmente mai visti negli ultimi tempi.

Non solo. In aggiunta a ciò, i produttori nazionali temono che questa concorrenza possa non essere esercitata in maniera perfettamente lineare, e che dunque le arance spagnole possano finire con l’essere vendute come arance italiane, magari in questo caso a prezzi lievemente incrementati rispetto alle produzioni tricolori.

Il timore è stato ben rappresentato in una recente lettera che le associazioni dei produttori di alcune zone d’Italia, e in particolar modo della Sicilia, hanno inviato al ministro delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio, sostenendo come dai mercati spagnoli sia giunta la notizia che in vista dell’apertura della campagna di raccolta del Navel all’interno dei confini iberici, siano giunte massicce prenotazioni da parte dell’Italia di agrumi in foglia.

In particolare – prosegue il comunicato inviato al rappresentante di governo – la richiesta maggiore sembra arrivare da Lazio, Sicilia, Campania e Calabria, ma anche da regioni del nord come il Trentino. Una richiesta definita anomala, che allarma i produttori nazionali, e fa temere loro che gli agrumi importati siano poi etichettati e venduti come prodotto italiano.

La lettera si chiude poi con l’invito al ministero di intervenire con precisi controlli a tappeto per poter evitare frodi, falsificazioni e imbrogli, che danneggerebbero i produttori nazionali, e non solo. Le sigle firmatarie della lettera evidenziano infatti come la commercializzazione di prodotti stranieri come italiani potrebbe porre seri problemi dal punto di vista fitosanitario, con il rischio che dunque si possano introdurre parassiti che attaccano gli agrumeti. Dunque, chiaro è l’auspicio che i controlli da parte degli enti preposti siano efficaci, in maniera tale che sia scongiurato qualsiasi pericolo per gli agrumeti italiani.

Insomma, considerati i rischi di quanto sopra, è chiaro l’invito indiretto a tutti i consumatori a accertarsi della bontà dell’origine delle produzioni delle arance che si andranno ad acquistare, andando a privilegiare solamente delle produzioni interamente tracciabili e, preferibilmente, delle produzioni italiane. Il fatto che i livelli produttivi siano inferiori rispetto agli ultimi anni potrebbe effettivamente determinare degli incrementi dei prezzi di vendita di tali merci, ma per potersi aggiudicare un prodotto qualitativamente migliore potrebbe essere il caso di compiere questo piccolo investimento aggiuntivo.

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