Da dove arrivano le criptovalute?

arrivano le criptovalute

Di criptovalute, oggi, si parla in abbondanza. Non tutti però sono a conoscenza di quale sia la genesi del fenomeno, e quali siano stati gli step che hanno permesso alle criptovalute di poter divenire così diffuse e così frequente oggetto di investimenti speculativi.

Giova allora cercare di riassumere i principali passi evolutivi delle valute virtuali, sintetizzando le pietre miliari di un percorso che – probabilmente – è ben lungi dal potersi considerare terminato. Su Criptovalute24 potete leggere tutte le news relative a questo argomento.

L’origine risale agli anni ‘80

Non tutti sanno, ad esempio, che le prime idee di “criptovaluta” possono essere riferite già agli anni ’80. Proprio in quel decennio, infatti, David Chaum ideò un algoritmo fondamentale per lo sviluppo dei successivi metodi di crittografia, permettendo lo scambio di informazioni tra due parti in maniera sicura, senza che tali informazioni potessero venire alterate durante lo scambio stesso.

Trasferitosi nei paesi Bassi, Chaum decise poi di fondare DigiCash, il primo “prototipo” di realità in grado di produrre criptovaluta, da vendere poi ai privati per l’effettuazione di scambi e acquisti. La differenza tra DigiCash e le attuali criptovalute è tuttavia legata al fatto che solo le seconde sono decentralizzate, mentre – al contrario – DigiCash aveva una sorta di “monopolio”, producendo e controllando la valuta virtuale come farebbe una qualsiasi banca centrale.

Le difficoltà di DigiCash

L’esperimento di DigiCash non fu visto di gradito occhio dalle autorità finanziarie dei Paesi Bassi, che interpretarono questa nuova valuta alternativa come una potenziale “minaccia” per la moneta nazionale e per gli investitori e i consumatori. Proprio per questo motivo, DigiCash fu costretta a vendere la propria criptovalua solamente alle banche  e agli istituti finanziari, e non più ai singoli privati.

Proprio in seguito a tale evoluzione, DigiCash andrò incontro al fallimento agli inizi degli anni ’90. Peraltro, non troppi anni prima del fallimento DigiCash rifiutò di stipulare con Microsoft un accordo che avrebbe permesso alla società statunitense di implementare la criptovaluta nei propri sistemi per poter permettere agli utenti del sistema operativo di effettuare degli acquisti.

L’esperimento di e-gold

Una nuova iniziativa per certi versi similare a quella di DigiCash sbarcò poi sui mercati americani: parliamo di egold, società californiana che si occupava di rivendere la propria criptovaluta. L’azienda comprava oro dagli utenti e, in cambio di ciò, forniva ai propri clienti la criptovaluta e-gold, utilizzabile a sua volta per fare scambi con altri utenti, comprare oro vero, rivendere la stessa valuta virtuale in cambio di dollari, e così via.

Il buono spunto di e-gold non ebbe tuttavia lungo seguito. Se infatti il successo iniziale fu altissimo, è anche vero che questa particolare valuta divenne  ben presto facile obiettivo per gli hacker e per i malintenzionati. Tante erano infatti le truffe che iniziarono a girare intorno agli e-gold, soprattutto attraverso le tecniche di phishing finalizzate a rubare i dati di accesso agli account. Dall’altro lato, purtroppo, la stessa piattaforma e-gold si rivelò tutto tranne che impenetrabile, con i sistemi di sicurezza che vennero più volte aggirati con facilità.

Nel 2009, e-gold chiuse i battenti in maniera definitiva.

L’avvio dei bitcoin

Proprio nell’anno in cui e-gold cessava di esistere, Satoshi Nakamoto ideò i bitcoin, che ben presto divennero la valuta digitale più conosciuta e importante al mondo. Ad ogni modo, l’obiettivo di Nakamoto inizialmente non era proprio quello di creare una criptovaluta, bensì di generare un denaro digitale che potesse funzionare in maniera decentralizzata.

Il progetto di Nakamoto ebbe fortuna, anche se a correnti alterne, e fu utile altresì per creare nuove valute digitali con le quali il business delle criptovalute iniziò a crescere in modo piuttosto ripido. Il resto della storia, probabilmente, lo conoscete già!

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