Almeno per un altro anno, la sperimentazione sugli animali qui in Italia continuerà ad esistere. Nei giorni scorsi è stata infatti rimandata di 12 mesi l’entrata in vigore del decreto legislativo che limita l’utilizzo degli animali per scopi scientifici.
Quella appena arriva è una proroga emanata in extremis alla moratoria che negli ultimi 3 anni ha impedito alle nuove regole di ostacolare la sperimentazione animale per le ricerche sulle sostanze di abuso e per gli studi sui trapianti di organi fra specie diverse, recependo e inasprendo la direttiva europea sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici.
Questa breve proroga rappresenta una sconfitta per la ricerca italiana, ha commentato Giuliano Grignaschi, responsabile dell’Animal Care Unit presso l’Irccs e segretario generale di Research4life, associazione che coinvolge industrie, enti di ricerca e organizzazioni come Airc e Telethon, e che ha promosso la moratoria. Questo significa, ad esempio, che i ricercatori che parteciperanno ai bandi europei lavoreranno con questa spada di Damocle sulla testa con il rischio di non essere finanziati in vista dell’entrata in vigore del decreto il 31 dicembre del 2017 o con il rischio che decidano di portare i loro finanziamenti all’estero, come già accade spesso.
I programmi e le collaborazioni internazionali, aggiunge Silvio Garattini, direttore dell’Irccs, richiedono impegni pluriennali, almeno tra i 3 e i 5 anni da parte degli istituti di ricerca e dei singoli ricercatori italiani. Dai grant internazionali dipendono oggi in larga misura i finanziamenti alla ricerca biomedica italiana che, allo stato delle attuali conoscenze, non può fare a meno del contributo della sperimentazione animale.
Ma non si tratta solamente dei danni arrecati alla ricerca: l’Italia è stato infatti già messa in mora dall’Unione europea che ha avviato una procedura d’infrazione proprio a causa del decreto legislativo sulla sperimentazione animale che, secondo gli scienziati, non avrebbe alcuna ratio. A giustificazione dei divieti alla sperimentazione vengono infatti invocati solo i cosiddetti metodi alternativi.
Ma lo stesso Istituto Zooprofilattico di Brescia, incaricato ufficialmente di verificare se ci fossero dei metodi alternativi alla sperimentazione animale, alla fine ha concluso che l’utilizzo degli animali è necessario, dice Grignaschi. Da parte nostra saremmo ben lieti di non usare gli animali per la ricerca e quando possiamo evitiamo di coinvolgerli. Ma con i metodi alternativi possiamo farci ancora poco perché ad oggi non siamo capaci di replicare la complessità degli organismi e quindi è indispensabile utilizzare gli animali, sempre però con il massimo rispetto.